Adescamento

adescamento

Letteralmente la parola significa attirare a sé con lusinghe. Definisce l’abilità di chi, con atti o parole, sa “catturare” l’interesse e l’attenzione di un altro,  la disponibilità e la sua fiducia,  ma anche “averlo per sé” fisicamente, possederne il corpo e tenere il soggetto, solitamente un minore, in una condizione di sottomissione.

L’obiettivo di chi adesca, infatti, è quello di esercitare un potere sul bambino, anche quando l’interesse è sessuale. Dietro ogni attività sessuale con i minori  infatti, vi è sempre il piacere di esercitare un potere, manipolare e dominare sia psicologicamente che fisicamente. Alcune volte l’adescamento è finalizzato a schiavizzare la vittima per condurla a compiere azioni illecite. È il caso di adopera i bambini per avviarli al crimine. Ma è anche quello che fanno soprattutto i pedofili che vogliono sfruttare le foto del suo corpo per immetterle nel circuito perverso della pedopornografia.

Qualche tempo fa, l’adescamento si compiva con vari mezzi e in vari luoghi e spesso con un procedimento particolare e graduale. Il procedimento utilizzato per adescare un minore, oggi come un tempo, segue una sequenza sempre uguale che potremmo definire in tappe.

La prima è l’avvicinamento. Progressivamente infatti l’adescatore dopo aver “selezionato” con attenzione il minore che lo interessa, e non solo per l’aspetto fisico, si avvicina  con un atteggiamento gentile e accattivante. Non lo spaventa affatto ma piano piano lo seduce usando l’adulazione  e i complimenti, le gratificazioni verbali e  fisiche per poter creare un clima confidenziale. Offre qualche regalo, caramelle o  cioccolatini, figurine o quant’altro può interessare al bambino. Ciò serve per presentarsi con il volto buono e rassicurante dell’amico che ha solo voglia di realizzare un rapporto confidenziale.

La fase dell’avvicinamento è lunga e delicata. In passato, ad esempio, senza dare troppo nell’occhio si appostava per giorni lungo la strada che il bambino percorreva  tornando a casa da scuola. Lo osservava da distante con attenzione, poi con un qualche espediente apparentemente casuale, si avvicinava e lo affiancava  per un tratto del percorso. Così stabiliva un iniziale rapporto di conoscenza in un clima amichevole e affettuoso.

La seconda fase è quella dell’isolamento. Una volta neutralizzata nel minore la paura e la naturale diffidenza per lo sconosciuto, l’adescatore cerca di isolare il più possibile la sua vittima per poter tenere lontano da sé gli occhi indiscreti degli altri. Il senso di questa manovra è quello di creare il vuoto attorno al bambino individuato come preda e, al tempo opportuno, poter agire indisturbato.

L’isolamento è sia fisico che psicologico, ovvero viene individuato un posto segreto che l’adescatore propone quale luogo sicuro. Dal punto di vista psicologico l’isolamento è dato dal divieto di parlarne con alcuno della loro “amicizia” e dalla richiesta perentoria di mantenere il segreto sulla loro relazione e sui loro incontri.

Nei casi frequenti in cui l’adescatore è conosciuto dalla vittima perché un familiare o amico di famiglia, insiste sul fatto che non c’è bisogno che altri sappiano. Alle volte è più esplicito e minaccia di punirlo se non rispetta l’accordo, esercitando così una considerevole pressione sul minore ormai caduto nella trappola. Questa è già la fase in cui l’adescatore ha fatto emergere come immagine una parte dell’ “orco” che è in lui, il lato dominante e abusante che si appresta a mettere in gioco. Più la vittima è isolata e meno ha scampo. Più si trova sola e più facile sarà perpetrare l’abuso anche per lungo tempo senza che nessuno sappia o veda. È l’isolamento della vittima che permette all’abusante le violenze sia psicologiche che fisiche e il prolungato silenzio. Il gioco perverso dell’adescamento è quello di far passare l’idea del segreto che lega la vittima all’abusante. Un segreto che nessuno deve conoscere.

La terza fase dell’adescamento è il vero e proprio atto di sottomissione che contiene la violenza o l’abuso sessuale. Anche quando l’adescatore lo presenta come gioco si tratta dell’espressione più evidente del potere che egli ha sulla sua vittima. Lo considera come atto dovuto verso cui la vittima non può e non deve opporsi. Per la verità a questo punto della storia la vittima non è più in grado di opporre resistenza. È nella trappola, priva di ogni punto di riferimento e di risorse, incapace di difendersi e di chiedere aiuto, costretta a subire senza alcuna obiezione perché la sua volontà è stata annullata. Sola e sconfitta, la vittima è destinata ad accettare il suo carnefice perché identificata con lui e con la sua violenza,  oppure, annientato ogni valore positivo della sua immagine, finisce per identificarsi con la parte peggiore di sé, quella che non ha diritto alcuno di essere e di vivere.

In questo modo funzionava, fino a qualche tempo fa, l’adescamento dei minori, dove i “lupi” travestiti da “agnelli” erano rintracciabili sulle strade o al parco e richiedeva soprattutto agli adulti di fare attenzione al lupo cattivo. Con questa motivazione qualche anno fa abbiamo scritto una sorta di manuale per conoscere il fenomeno dell’abuso ai minori[1] in cui si tentava di offrire al lettore gli elementi per  smascherare l’adescatore e l’abusante. Allo stesso modo, successivamente, abbiamo pure immaginato che anche i minori avessero bisogno di proteggersi da soli, di difendersi   dagli “orchi” camuffati. Per aiutarli, per riuscire a prevenire il più presto possibile questo pericolo, abbiamo cercato con il linguaggio della favola, di raccontare una storia di adescamento che i più piccoli, i bambini già della scuola materna e primaria, potessero capire. È nata la storia di un pinguino[2] che si imbatte in un molestatore che  utilizza esattamente le modalità tipiche dell’adescamento descritte.

Ora la  dinamica dell’adescamento è rimasta ma i luoghi in cui avviene sono altri. In particolare il fenomeno si è spostato altrove, dalla strada o dai giardini pubblici al web, al telefonino. Anche se i  “lupi”, non tanto sconosciuti, ma prossimi, familiari al bambino, continuano ad agire indisturbati e insospettati, si è aggiunto un altro pericolo proveniente dalla rete che minaccia in modo particolare i minori che navigano senza conoscerne i pericoli. Oggi servono più che mai progetti di prevenzione da attuarsi nella famiglia, a scuola e in tutti quei contesti dove è possibile fare prevenzione. Ne  sono nati molti in questi ultimi anni e tra questi ricordiamo quello di Alberto Pellai[3] che punta l’accento sull’educazione emotiva e sull’importanza di utilizzare i principi della Narrativa Psicologicamente Orientata per insegnare ai bambini come difendersi da chi vuole abusare di loro.


[1] G. Maiolo, G. Franchini (a cura), Attenti al lupo cattivo, Ed. Erickson, 2005

[2] G. Maiolo, G. Franchini, K. Schneider, Giù le mani. Il pinguino leo impara a difendersi dagli adulti, Ed. Erickson, 2007

[3] Pellai A., Tamborini B., Il segreto di fata Lina. Per una prevenzione dell’abuso sessuale in età evolutiva, Erickson, 2008

Adescamento ultima modifica: 2012-10-17T08:53:21+00:00 da Giuseppe Maiolo

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