Il legame fraterno

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Il legame fraterno costituisce il primo rapporto affettivo che potremmo definire orizzontale perché si sviluppa tra pari, mentre quello che riguarda il rapporto con i genitori è verticale in quanto fatto di amore incondizionato e gratuito. Per ogni bambino quest’ultimo è un diritto, una necessità e una condizione senza la quale egli non può crescere e diventare grande.

 È un alimento essenziale per la vita la cui mancanza può anche far morire.
L’amore fraterno no, è un optional, importante e decisamente utile al percorso evolutivo, ma secondario e tutto da costruire, piano piano, senza fretta perché è un processo di conoscenza.
Non è mai un dono, ma una conquista.
Così tra fratelli l’affettività non è scontata, ma si sviluppa giorno dopo giorno anche attraverso il conflitto e lo scontro ed è fuori luogo pensare che un bambino o una bambina debba amare o voler bene al fratello solo perché appartiene alla famiglia. Anzi, sappiamo tutti che, all’inizio della storia, è vero il contrario, cioè che il bambino all’arrivo del fratellino, pur se desiderato tanto, lo sente subito come un intruso e un rivale.
Personalmente ricordo che per anni ho desiderato moltissimo un fratello o una sorella ma ho anche la sensazione che col  passare del tempo, se fosse arrivato lo sconosciuto coinquilino non lo avrei amato subito, né sarei stato felice di dividere con lui quello che mi apparteneva di diritto, cioè il mio spazio, i giochi e soprattutto le attenzioni e l’amore dei miei genitori.

È storia comune, non vi è dubbio, quindi assolutamente normale.

Il punto centrale è che non deve destare meraviglia la gelosia e la rivalità che attraversano ogni legame fraterno, perché sono sentimenti che nascono dalla paura di essere amati di meno e di perdere i propri privilegi.  E poi voler bene a qualcuno che non si conosce non è facile, né è semplice amare, per nessuno. Non lo è per il bambino che deve accogliere il nuovo arrivato, benché voluto e atteso, e neppure per chi arriva e deve farsi spazio in famiglia.  Chi è già lì deve rinunciare a qualcosa, ma da piccoli questa parola è terribile perché evoca perdite spaventose, vuoti, abbandono, solitudine. Chi entra, viceversa, ha il problema di capire dove si trova, dove andare a collocarsi e come trovare il suo posto anche quando glielo abbiamo preparato. Pure questo è complicato e problematico perché richiede capacità, come quella di orientarsi, che all’inizio non si hanno. Il nuovo arrivato è come uno che entra in una sala buia ma già piena di gente e ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a vedere dove andare a sedersi senza pestare i piedi a nessuno.
Poi è problematico anche per i genitori che devono non dividere il loro affetto ma moltiplicarlo. Richiede energia e sicurezza, desiderio e forza d’animo. C’è da tener botta a più richieste e a necessità diverse.
Allora è importante non pretendere che questo accada da solo e in fretta. Ci vuole pazienza e accompagnamento. Non spaventiamoci quindi della rivalità ma rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a pensare che la conflittualità tra due fratelli esiste e fa bene, serve a capire i limiti e sprona a superarli. Come genitori abbiamo il compito di trasformare in positivo le situazioni difficili. Perché da questo confronto, anche quando è vivace e turbolento, ciascuno dei due contendenti può imparare: il più piccolo  può rendersi conto delle cose che ancora non è in grado di fare ed essere sospinto a crescere attraverso l’imitazione. Il più grande sperimenta la sua forza e le sue capacità, ma anche si mette in gioco, si espone e può capire che non tutto è gratuito, ma che è arrivato il momento di guadagnarsi le cose.  I litigi tra fratelli, gli attriti verbali o fisici,  anche se facciamo fatica a tollerarli, possiamo considerarli una specie di prove tecniche di vita relazionale. Ovvero esperienze insostituibili.
Il compito di un genitore è quello di osservare e contenere, partecipare e al contempo rimanere equidistante dai due contendenti. È una posizione delicata, alle volte più facile a dirsi che a farsi, ma assolutamente necessaria. Penso che il genitore debba sorvegliare che il conflitto non degeneri ma si trasformi in un’occasione di crescita e l’intasamento delle tensioni affettive non blocchi il rapporto, ma permettere che  la relazione alla fine dello scontro riprenda a fluire.
Le sue funzioni sono più simili a quello di chi deve dirigere il traffico che non a quelle di un giudice. Altrimenti il rischio è quello di fare graduatorie e creare “ruoli” del tipo “tu sei il migliore” e “tu non vali nulla”. Capita questo anche quando, spinti dal desiderio di spronare uno dei due a migliorarsi, diciamo semplicemente “guarda tuo fratello…” o “tua sorella sì che si comporta bene” oppure ancora “dovresti capire perché tu sei più grande!”
Frasi che sono pietre pesanti per chi le riceve e che alle volte, una dopo l’altra nella bisaccia mentale, diventano macigni che schiacciano e sotterrano l’autostima.
Il legame fraterno ha bisogno di essere sostenuto in modo positivo perché la rivalità non diventi intolleranza e la gelosia un morbo devastante e una tortura. Ai genitori spetta il compito di incoraggiare i fratelli a trasformare il conflitto sterile e distruttivo in cooperazione e valorizzare le alleanze costruttive. Il legame fraterno è un’esperienza troppo preziosa e va utilizzata perché i bambini imparino a gestire anche lo scontro più acceso e infuocato e scoprano che si possono avere idee e posizioni diverse ma è necessario trovare un punto di incontro. Ciò serve a capire il valore della mediazione e cioè di quell’abilità che permette di trovare sempre un punto di incontro comune senza che ciascuno rinunci alla propria individualità e autonomia.
Allora i genitori non dovrebbero temere che i loro figli siano in competizione tra loro o anche in conflitto, ma accettare l’esistenza di una corrente anche sotterranea di sentimenti ambivalenti e negativi che alle volte possono diventare esplosivi. Quello che possono fare è aiutarli a crescere sul piano delle relazioni ma anche a sviluppare la virtù della tolleranza e della solidarietà. Solo così il legame fraterno, pur con le sue turbolenze, potrà essere un’esperienza costruttiva e diventare una relazione forte che sosterrà i fratelli nel corso di tutta l’esistenza.

Giuseppe Maiolo

Il legame fraterno ultima modifica: 2014-11-05T09:43:52+00:00 da admin

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