Alto Adige (prima pagina) 24.02.2016
«Sapere per reagire», un bel titolo per indicare cosa fare per contrastare la violenza sui minori. Finalmente si parla, si dibatte, ci si interroga apertamente e con attiva partecipazione sulle varie forme di violenza di cui i minori sono oggetto. È il caso del recente convegno organizzato dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza e dalla Diocesi di Bolzano – Bressanone. Un segnale chiaro della necessità che hanno tutti, a partire dagli operatori, di conoscere, sapere, approfondire un tema che è
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Quanto mai attuale in quanto i casi di molestie e di abuso si continuano a manifestare ed è sempre più necessario avere risorse specifiche e strumenti di intervento precoci. Ma soprattutto, è fondamentale avere progetti di prevenzione. Sappiamo che la violenza ha infiniti volti ed innumerevoli espressioni con le quali si maschera e si manifesta. Non c’è solo l’abuso fisico o sessuale. Ci sono le molestie e i maltrattamenti diffusi, sottili, nascosti. A volte passano inosservati o ci vuole tempo perché qualcuno se ne accorga, veda e denunci. Per sospendere il più presto possibile il male è dunque necessario riconoscere i segni o gli indicatori, saper osservare e soprattutto saper ascoltare il dolore e vedere la sofferenza di chi è vittima. Questa è l’urgenza: avere operatori preparati e consapevoli, attrezzati a conoscere una piaga sociale tra le più subdole. Ma anche adulti sensibili e attenti, capaci di relazioni costruttive e adeguate. Parlare di violenza, come si è fatto nel convegno segnalato, vuol dire affrontare il tema spinoso dell’ambiente violento in cui oggi sono inseriti i minori che, come noto, è sempre più quello familiare e delle sue relazioni povere e rarefatte. Senza enfasi, ma con forte determinazione, dobbiamo dire che ai nostri giorni è l’abuso psicologico la forma più diffusa di maltrattamento e, con la trascuratezza materiale e affettiva, costituisce il male peggiore. Una quantità di studi dimostra che la violenza invisibile si annida nelle relazioni conflittuali delle coppie e nei rapporti svalutativi e irrispettosi degli adulti. Sta sovente nella carenza di attenzione alle esigenze dei minori i quali, senza controllo, possono diventare oggetto di adescamento di adulti perversi, cadere nei pericoli della rete, essere vittima della violenza dei pari o trasformarsi essi stessi in bulli prepotenti. Così alla famiglia e ai genitori devono rivolgersi programmi di prevenzione e di educativa genitoriale, perché è sempre più necessario formare i genitori e aiutarli ad essere adeguati ai compiti complessi della cura e della crescita dei figli. Sviluppare sapere e promuovere conoscenze, così come era l’obiettivo del convegno citato in apertura, vuol dire certamente attrezzare culturalmente gli addetti ai processi di sviluppo, dare loro strumenti di lettura e competenze professionali per lo svolgimento della loro attività. Ma è altrettanto necessario allargare l’attenzione al piano emotivo degli operatori, alla loro resilienza e alle capacità di gestire le proprie emozioni. Essere a stretto contatto con i minori come lo sono i docenti della scuola o gli educatori nelle comunità, vuol dire non solo sapere come comportarsi e cosa fare di fronte ai casi di maltrattamento o abuso, ma significa anche essere in grado di gestire il carico emozionale e le fatiche specifiche del lavoro quotidiano. Serve dunque pensare anche a percorsi di sostegno e accompagnamento psicologico perché educare e proteggere i minori è attività complessa che necessita di manutenzione continua.
Giuseppe Maiolo