Educazione militare a scuola?

militare

Si fa fatica  credere che in Lombardia si progetti un corso teorico pratico in cui si insegnerà agli studenti delle scuole superiori come sparare con la pistola, anche se ad aria compressa. Certo il nome del progetto “Allenati per la vita” sembra propositivo e le parole usate per descriverlo animate dall’intento di avvicinare “in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alle forze armate, alla protezione civile, alla croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso”.

In realtà questa iniziativa che per l’anno scolastico 2010/11 è stata addirittura “sponsorizzata” dal Ministro della Difesa e da quello della Pubblica Istruzione, non solo suscita perplessità, ma,  a mio avviso, è assai preoccupante. Una scuola che, afflitta com’è da una quantità di problemi di ogni ordine e grado, si preoccupa di promuovere attività militaresche è una scuola che camuffa, dietro la promozione di nobili attività sportive, inquietanti messaggi appartenenti alla cultura della violenza e dell’aggressività. Viene da chiedersi cosa c’entra il saper sparare con l’attività ginnica, che nesso c’è tra la carbina e il salvataggio, tra la gara finale di pattuglie di studenti e la conoscenza o l’apprendimento della legalità e il contrasto al bullismo.

Spaventa non poco l’idea che a scuola si apprendano pratiche militari e attività di squadra per sviluppare l’autostima individuale.Con una iniziativa del genere sembrano passati anni luce da quando, nel 1993, una circolare ministeriale invitava il mondo della scuola a sviluppare l’educazione alla legalità, ovvero a promuovere percorsi formativi interdisciplinari caratterizzati sia nell’attività didattica che educativa, dalla correttezza delle relazioni, dalla collaborazione e dalla trasparenza nei rapporti interpersonali.

Non credo che potremo attenderci nulla di costruttivo e di realmente utile allo sviluppo di una coscienza individuale e collettiva fin tanto che tra gli obiettivi primari della scuola non vi sarà al primo posto la conoscenza di sé e degli altri, il rispetto delle idee di tutti, la capacità ci comunicare e di cooperare e la necessità di saper so-stare e gestire i conflitti.

In altre parole quello che serve ai giovani, più che l’addestramento a pratiche di dubbio valore formativo, è una autentica educazione alla pace. Non penso che ci si possa aspettare un cambiamento della società sempre più dilaniata da una quantità di comportamenti violenti e da quella spirale di odio che quotidianamente si intreccia ai rarefatti rapporti interpersonali, se non si promuove nei giovani lo sviluppo di una profonda coscienza etica e morale.

L’auotstima non cresce solo con il gioco di squadra, nè si combatte la sopraffazione  con la capacità individuale di saper rispondere alle offese. E’ stimolando lo spirito critico dei giovani, la disponibilità al dialogo e all’ascolto reciproco, che si vince la prepotenza. Se si aiutano gli adolescenti a superare il pregiudizio e la passività metale che alimentano il conformismo, si può sperare di contrastare la paura degli altri e l’idea di doversi difendere da chi è diverso.

Educazione militare a scuola? ultima modifica: 2010-09-29T03:22:42+00:00 da Giuseppe Maiolo

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