…quasi un’esigenza biologicaindispensabile, un desiderio innato quello che abbiamo verso il gioco, probabilmente lo strumento più importante che abbiamo per dare e ricevere stimoli e per usare la fantasia. Bastava un attimo per creare un mondo alternativo, meraviglioso e impossibile, che ci portava lontano, a contatto con modi diversi di essere e di agire. Peccato che poi crescendo si perda lo stesso gusto per il gioco: una volta varcata la soglia della maturità il gioco smette di essere l’essenza, il filo conduttore della realizzazione personale e subentra la componente razionale che addirittura spinge molti di noi adulti a mostrarsi infastiditi di fronte al gioco.
Proprio nel suo libro, il professor Maiolo spiega come sintonizzarci sulla capacità dei nostri figli di crescere attraverso l’apprendimento ludico. Non è detto che si debba essere tutti tipi da “parco avventura”, basta non perdere il desiderio di saper ridere, stupirsi, provare curiosità e sperimentare con spontaneità. Per farlo basterebbe cercare di ricordare con chi giocavamo, a che cosa e come ci faceva sentire; da adulti potremmo ripetere quelle esperienze attraverso le nostre passioni. Giocare aiuta anche a saper stare con gli altri, insegna a tollerare le frustrazioni, insegna a essere leali, sviluppa altruismo e cooperazione.
Numerosi studi e ricerche hanno dimostrato anche che il gioco aiuta anche nella realizzazione professionale, come ci spiega Ennio Peres, scrittore, enigmista e autore di giochi. Chi gioca, non a caso, rimane giovane più a lungo. Da uno studio della Mayo Clinic di Scottsdale, condotto su 2mila adulti con un’età minima di 70 anni, è emerso che impegnarsi in giochi mentalmente stimolanti è uno dei modi migliori per mantenere integro il proprio livello cognitivo e ridurre il rischio di patologie legate all’invecchiamento. Non a caso il noto scrittore e drammaturgo irlandese George Bernard Shaw diceva “L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare”.