La disperazione nel cyberbullismo

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Alcuni giorni fa la RAI trasmette un video che mostra un episodio di bullismo: una ragazza di 17 anni che con inaudita violenza aggredisce un’altra ragazza di 12 anni. Le immagini davvero forti, documentano un fenomeno sempre più allarmante di cui si rischia di perdere il controllo, ma impongono una riflessione: corretto mostrarle? Certo. Dovere di informazione, la prima sacrosanta risposta.

Eppure nei confronti del cyber bullismo, che è fenomeno nuovo ed esteso, c’è da prestare attenzione. Il rischio più evidente, ormai peraltro ampiamente consociuto, è quello dell’emulazione da parte di altri adolescenti. Ma poi esiste anche il pericolo che la diffusione delle immagini di atti o comportamenti persecutori porti a una sorta di “normalizzazione” di queste azioni o più ancora  facciano risaltare gli aspetti “positivi” derivanti dal passaggio in TV, sul TG nazionale.

E questo perché il cyberbullismo, per sua stessa natura, si alimenta del potere dell’immagine e della forza che gli attribuisce la nuova tecnologia della comunicazione.

Una volta il comportamento violento del bullismo, peraltro tollerato in alcuni contesti chiusi come i collegi e le caserme in quanto considerato un elemento del processo di crescita, si perpetrava nascostamente dietro lo sguardo degli adulti.  Sfruttava i luoghi isolati e le stanze appartate perché gli atti persecutori avessero come protagonista solo le vittime e al massimo il piccolo gruppo degli alleati del bullo che così  manteneva una corte di servitori silenziosi e ossequienti. Il piacere derivava dal poter essere  leader di una “banda”, anche piccola, ma che rimaneva nell’ombra e sconoscita ai più.

Oggi invece il cyberbullo cerca il massimo di visibilità. Più fa conoscere la sua forza e le sue imprese e più è popolare, più si costruisce la fama di “eroe”. Contemporaneamente  la vittima è sempre più vittima e stigmatizzata, emarginata e isolata perchè collettivamente derisa e biasimata. La comunicazione digitale e le immagini delle persecuzioni veicolate dalla rete costruiscono in un tempo rapidissimo sia la “fama dell’eroe” di turno che la disperazione di chi subisce e si sente progressivamente impotente.

Lo smartphone ora è diventato lo strumento dei “selfie” che narcisisticamente sostiene la ricerca della propria immagine, ma pure un oggetto persecutorio che può moltiplicare in un attimo popolarità e angoscia.  La rete fa sì che platea degli spettatori diventi potenzialmente illimitata. Sconfinata. Questo incrementa la tendenza del bullo a ripetere le azioni aggressive e nello stesso tempo riduce in maniera consistente la percezione del danno. In assenza di un contatto reale, il cyber-persecutore diventa freddo e crudele, incapace di empatia e l’anonimato, dietro cui in rete è possibile nascondersi facilmente,  fa sentire protetti e alimenta l’illusione di non aver alcuna responsabiltà.

Viceversa le scene di aggressioni riprese e postate su un Social,  cliccate centinaia o migliaia di volte,  se da una parte aumentano il sentimento di potere del cyberbullo dall’altra moltiplicano l’angoscia di chi è vittima ma anche di quelli che possono temere di diventarlo. L’azione di violenza veicolata da Youtube rimane indelebile o difficile da cancellare dalla memoria di chi vede. Una volta in Rete nessuno può dimenticare le imprese del bullo ma neanche il corpo della vittima e la sua prostrazione. Questa è la vera azione persecutoria, quella che fa la differenza con il passato, con il bullismo tradizionale.

Se una volta dal bullo che a scuola  minacciava e colpiva fisicamente nell’angolo nascosto del cortile o nei bagni, ci si poteva difendere chiedendo aiuto e cambiando di classe o addirittura scuola, ora questo no può più avvenire. Nel web lo spazio è immenso, indefinito. Quasi impossibile nascondersi, scappare e salvarsi. Per lo meno così pensa la vittima. Le offese che circolano rimangono, le diffamazioni sono visibili a tutti così la vergogna e l’umiliazione si moltiplicano all’infinito.

Questa è la disperazione della vittima del cyberbullismo.  E’ una sensazione totale di sconfitta che produce prostrazione e un carico di dolore insopportabile. La sofferenza, che in breve tempo diviene ingestibile, fa prevalere la convinzione disperata che nessun luogo sia sicuro e non vi sia più nulla da fare.

 

                                                                                                                     Giuseppe Maiolo

 

 

La disperazione nel cyberbullismo ultima modifica: 2015-03-05T18:08:52+00:00 da Giuseppe Maiolo

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