La menopausa è per la donna uno di questi travagli, perché segna un tempo di trasformazioni che sono sia biologiche che psicologiche. Non è e non va considerata come una malattia, anche se nella cultura moderna quell’insieme di sintomi e di manifestazioni fisiche che l’accompagnano è stato catturato dalla medicina e oggi viene gestita come fenomeno che necessita di di cure e terapie, ad esempio ormonali. In realtà il climaterio altro nome utilizzato per indicare la menopausa, come allude l’origine greca del termine, significa gradino di passaggio e di transizione. Quindi momento critico. La conclusione del ciclo mestruale, che è l’elemento più significativo di questa espeireinza, coincide con la chiusura di un ciclo biologico, quello della fertilità, significativo e importante nell’esperienza umana, ma anche con l’inzio di una nuova fase: la maturità.
Questo momento che si colloca nella vita di una donna tra i 40 e 50 anni, è un’ esperienza complessa perché aggrovigliata in un tessuto di manifestazioni sia organiche che psichiche. Ma non necessariamete dolorosa e difficile.
La menopausa è divenuta un’esperienza di sofferenza, un transito disagevole e penoso quasi fosse una sanzione da dover pagare alla vita che si consuma e si esaurisce. Dominati da una cultura che ha spostato il centro dell’attenzione sul benessere fisico e materiale promuovendo con ogni mezzo l’idea dell’eterna giovinezza, ci ritroviamo un po’ tutti a tentare di esorcizzare il fantasma della vecchiaia e la paura del decadimento fisico. Così la menopausa finisce per rappresentare nel nostro immaginario individuale e collettivo l’anticipazione dei disagi dell’invecchiamento, le tenebre della malattia e il buco nero della morte.
Dal libro: G. Maiolo, Psicologia del quotidiano, Ed. San Paolo