La parola pregiudizio di solito è associata all’intolleranza. E non è un caso, perché tra le due vi è un rapporto di causa-effetto. Il pregiudizio è un pensiero contaminato, un abito mentale cucito da altri e per motivi diversi. È un giudizio già formulato che noi accettiamo senza verifiche e utilizziamo senza alcuna modificazione come un cibo precotto pronto da utlizzare quando abbiamo poco tempo.
Passare dal pregiudizio alla non accettazione e all’intolleranza allora è un attimo, perché è solitamente più comodo tagliare a fette grosse la realtà e definirla sommariamente con pareri vaghi e generici senza stare troppo a far friggere il cervello.
Le cronache dei nostri tempi assai di frequente, purtroppo, mettono in risalto i fenomeni di intolleranza che hannao a che fare con il pregiudizio. Discriminazione razziale, ostilità nei confronti dei diversi, violenza verso gli immigrati e i nomadi, sono, ad esempio, solo alcune delle manifestazioni cui ci capita di assistere. Dietro questi deprecabili episodi di intolleranza, c’è quasi sempre e solo il pregiudizio.
Ma questi fatti di innegabile gravità sono molto spesso solo la punta emergente del fenomeno. Il pregiudizio che, nei suoi aspetti più estremi, è una modalità del pensiero insidiosa e devastante, è un fenomeno molto più ampio e diffuso di quel che si creda. È strisciante e pervasivo. Interessa le dimensioni della psiche a prescindere dal gruppo sociale e culturale di appartenenza.
Dal libro: G. Maiolo, Psicologia del quotidiano, Ed. San Paolo