Vecchiaia

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Oggi l´immagine della vecchiaia ha sempre più spesso una coloritura negativa e si accompagna a sentimenti di paura e di angoscia. Dovremmo essere contenti di vivere più a lungo e nvece abbiamo più timore di questa fase della vita che sentiamo caratterizzata da perdita di efficienza, decadimento psico-fisico, solitudine e sofferenza fisica. Spesso la vecchiaia è associata alla malattia e ad un’epoca in cui non si è più utili a nessuno. Eppure anche l´espressione “terza età” può essere già superata in quanto vi è già chi parla di una “quarta età” e fra breve anche di una “quinta”. Un tempo la vecchiaia era considerata “l´età dell´oro” perchè era l´epoca in cui si poteva godere di tutta l´esperienza acquisita e l´anziano rapprensentava simbolicamente la saggezza. Gli si portava rispetto e considerazione. Aveva un ruolo: quello di custodire i segreti di un’intera esistenza, il sapere e i valori della cultura di appartenenza. Ma aveva anche il compito di trasmettere tutto questo bagaglio agli altri, di trasferirlo alle nuove generazioni e di passare il testimone al proprio figlio. Il vecchio era la memoria del passato che doveva essere data in eredità perché potesse dare un senso alle esperienze del presente ma nel contempo essere lievito per la costruzione del futuro. Molti studi antropologici dimostrano come presso le societá antiche al vecchio fosse sempre assicurata questa funzione. Molti i riti che permettevano si compisse la trasmissione dei valori culturali. Nelle societá moderne e in particolare nella nostra occidentale si sono persi questi anelli di congiuzione. Ai nostri giorni la figura del vecchio autorevole è pressochè scomparsa. L´essere vecchi è sinonimo di inefficiena perchè, in una società che punta tutto sulla produttività, l´anziano non serve, non ha ruolo, non ha funzione. Il vecchio così viene percepito come un bagaglio ingombrante da mantenere.

Dal libro: G. Maiolo, Psicologia del quotidiano, Ed. San Paolo

 

Vecchiaia ultima modifica: 2012-11-02T13:27:22+00:00 da Giuseppe Maiolo

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