Credere o non credere ai bambini?

Bambini

Puntualmente, ogni volta che accade di sentire un bambino che accusa un adulto di violenza o di molestie sessuali come nel caso della bambina che ha rivelato abusi subiti dallo zio avvocato, ci domandiamo se può essere vero ciò che egli racconta. Torna a galla insomma l’annosa domanda che riempie le aule dei tribunali e che disegna lunghe ombre sulla credibilità dei bambini.

Non vi è dubbio che la domanda sia legittima soprattutto in situazioni in cui è in gioco un adulto, parente o estraneo della vittima, insospettabile e che dovrebbe essere affidabile. La domanda che circola immediatamente è: un bambino potrebbe inventarsi tutto? Certo sappiamo che ai bambini piace raccontare storie fantastiche e situazioni paradossali che a volte vanno oltre il limite della logica. Ma questa è la loro fantasia, cioè l’energia interna figlia del pensiero magico che li spinge a descrivere avventure inverosimili e amici immaginari: nulla di più che una prova della capacità creatività e il segno di una importante tappa dello sviluppo dell’autonomia.

Niente di anomalo quindi se non quando, per frequenza e intensità, questa lievitazione della capacità inventiva sconfina in un inquietante aspetto affabulatorio che tiene il bambino lontano dalla realtà. Allora, e solo allora, siamo nel disagio ma questa è un’altra storia, poco frequente, che nulla ha a che fare con la credibilità ma piuttosto con la patologia. Per il resto, a mio avviso, un bambino quando racconta di sé è credibile. Sempre. Soprattutto quando, in maniera autonoma, rivela qualcosa della sua esperienza e di ciò che gli è accaduto, anche quando ne parla senza un’apparente sofferenza perché potrebbe essere che l’ha congelata per difesa.

È credibile perchè un bambino di solito non mente, caso mai nega, cioè nasconde a se stesso e agli altri qualcosa che lo ha turbato. Rimuove dalla coscienza l’accaduto o meglio lo elimina dalla memoria per proteggersi sperando di salvarsi. Di fatto può dimenticare ma solo l’accadimento, mai il dolore e l’offesa che ha ricevuto che invece finiscono col rimanere dentro come una ferita purulenta. La conferma viene da tante storie di adulti che dopo anni riportano alla luce abusi e sopraffazioni vissuti da piccoli. Se i bambini parlano, pertanto, lo fanno a fatica, mai con leggerezza.

Ed è questo che li rende credibili. Perciò piuttosto che della nostra incredulità, essi hanno bisogno immediato di aiuto per potersi liberarsi il più presto possibile della sofferenza. Perché all’inizio di solito prevale la vergogna e la necessità del segreto su cui di solito gioca l’adulto abusante. Poi entra in campo il senso di colpa, cioè l’idea che qualcosa di male deve aver fatto per aver subito un affronto al suo corpo e un offesa alla sua dignità di bambino. Tutto questo non soccorre, viceversa incista il male subito e lo pietrifica all’interno dell’anima. Per questo se un bambino dice di sé, è giusto e doveroso ascoltarlo e credergli. Ha bisogno della nostra fiducia altrimenti se noi cominciamo con il mettere in dubbio le sue affermazioni si sentirà tradito doppiamente e abbandonato al suo male, solo, senza speranza e prospettiva.

Non si tratta ovviamente di influenzarlo con le nostra ansie e le nostre aspettative perché allora potrebbe inquinare il racconto dei fatti con elementi che non appartengono alla sua storia, ma aiutarlo a superare la tentazione del segreto e non aspettare che sia lui a esporsi e rompere il silenzio. Perché questo possa succedere egli ha bisogno del nostro sguardo attento, della nostra capacità di ascolto e della nostra fiducia. La credibilità infatti è data non solo da quello che dice a parole, quando ci riesce. Al di là e ancor prima dei raccontici sono i gesti, gli sguardi, i comportamenti, le reazioni che comunque un bambino esprime e con le quali “informa” le persone che gli stanno accanto di quanto gli è accaduto o gli sta accadendo. Se ci meravigliamo e più ancora mettiamo in dubbio la sua storia quando alla fine egli ce la racconta è perché non lo abbiamo ascoltato attentamente e ci siamo distratti dalla sua vita e dal suo mondo.

 

Credere o non credere ai bambini? ultima modifica: 2008-08-02T16:06:04+00:00 da Giuseppe Maiolo

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