Riprendiamoci la parola

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C’è nell’aria qualcosa di preoccupante: il silenzio del dissenso, o parafrasando Martin Luther King, il silenzio dei molti.Questo mi sembra l’aspetto più sconfortante. Certo ci sono i fatti, veri o presunti, i bordelli del potere e le insopportabili gesta di uomini che fanno bella mostra di comportamenti sessuali spregiudicati, ma la deriva di una comunità è data anche da quella passività che azzera lo sdegno e annulla l’urlo di riprovazione per tutto ciò che non possiamo condividere e che, invece, sopportiamo.

Stiamo affidando le nostre vite e la nostre coscienze, a narrazioni di perversione. Ci stiamo facendo manipolare da gabbie mediatiche che ci bombardano con storie di violenza mostruose e noi tutti, che non sappiamo più raccontare storie nostre, personali, di quotidiana fatica,  ci ritroviamo a seguire con passività totale immagini di aggressioni verbali o fisiche e di sopraffazioni continue che la televisione e i media in ogni momento del giorno ci propinano.
Stiamo diventando una società afasica, che perde la parola e la capacità di dire ciò che pensa. Al massimo sussurriamo al vicino una traccia di riflessione vaga e scomposta, ma più spesso i nostri pensieri si sono congelati e le nostre parole hanno perso la capacità generativa e creativa che da sempre il linguaggio possiede.
Come recitava qualche anno fa un rapporto Censis, siamo una società priva di desiderio. Ma forse non desideriamo più anche perché non sappiamo più come esprimere quello che vogliamo o non vogliamo. Lasciamo che altri parlino e al contempo definiscano il nostro universo mentale e comportamentale. Se la nevrosi o la patologia individuale, se la “sregolatezza pulsionale” diventa collettiva non ha più senso parlare di disturbi, di malattia o di devianza.

Le parole creano mondi, universi, e quelle come sdegno, disgusto, rifiuto, che non riusciamo più a pronunciare, rischiano di farci precipitare e costringerci a vivere, senza esserne consapevoli, in un territorio di violenza e di aberrazione relazionale.
Forse dovremo, in fretta, riprenderci la parola, quella critica e del dissenso, anche per non lasciarla solo a quei pochi “personaggi”,  pensatori pubblici o giornalisti critici,  a cui stiamo delegando la nostra totale mancanza di voce collettiva.

Giuliana Franchini

 

Riprendiamoci la parola ultima modifica: 2014-08-02T22:44:18+00:00 da admin

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